Act Non Formal: il teatro come metodo di educazione non formale

Laura Galloppo ci racconta la sua partecipazione al Training Course per Youth Worker, Act Non Formal organizzato da Natur Kulter a marzo 2017. Ecco un resoconto dell’esperienza.

 

24/3/2017
Torno in Italia dopo aver partecipato ad un Training Course per youth workers in Germania. Atterro a Roma mentre spirano i venti della celebrazione dei 60 anni dalla firma dei Trattati di Roma. Città blindata e assetto militare in alcune zone dove si temono scontri. C’è chi celebra l’Europa e c’è invece chi si colloca dall’altro lato e critica aspramente quest’Europa al grido #Notmyeurope. E’ indiscutibile che l’Europa stia vivendo un periodo di destabilizzazione, tra fuoriuscite volontarie (la cara vecchia signora inglese), muri innalzati e condizioni per “essere dentro” sempre più restrittive. “Poco umana”, uno dei commenti che più spesso le si attribuiscono in questo momento storico.


Ripenso al mio training dal titolo “Act non formal” che ho appena concluso, con la valigia che “odora” di aeroporto e con i ricordi che si affollano tra la stanchezza e l’adrenalina. Un’esperienza straordinaria focalizzata sul teatro, o meglio su alcune metodologie teatrali es. improvvisazione, pantomima, teatro degli oppressi, teatro delle statue ecc che ha visto come protagonisti 37 partecipanti provenienti da: Gran Bretagna, Germania, Romania, Bulgaria, Malta, Estonia, Spagna e Italia. Organizzato dall’associazione culturale tedesca Natur Kultur il training course ha contato sull’eccezionale apporto di formatori professionisti quali Maria Diaz Durillo e Mohammed Awwad, nonché sul team di Natur Kulter nelle persone di Svenia Oltmanns e Slobodan Djurovic.
Insieme abbiamo conosciuto e apprezzato il Teatro degli oppressi nato in Brasile dal regista Augusto Boal per fornire strumenti di cambiamento personale, sociale e politico per tutti coloro si trovino in situazioni di oppressione. Boal lo insegnò in giro per il mondo fino alla sua morte nel 2009.


Insieme abbiamo riso, giocato, immaginato animali e colori ancora inesistenti. Insieme abbiamo costruito storie fantastiche senza limiti all’immaginazione grazie alla scrittura creativa. Insieme abbiamo creato scene teatrali, sostituito attori nell’impersonificazione dei personaggi e gridato all’unisono “3,2,1…ACTION!”. Insieme abbiamo capito come strutturare un workshop finale per mettere in pratica quanto appreso e sperimentarlo sul campo. Insieme abbiamo parlato, conversato, raccontato barzellette, disegnato, scritto, fotografato, attaccato fogli, tagliato, colorato. Insieme abbiamo utilizzato il comune territorio della lingua inglese per comunicare. Se non ci capivamo ci affidavamo al body language, alla mimica facciale, e alle parole più conosciute della nostra lingua madre.


Difficile descrivere l’alchimia che si crea in contesti come questi, dove l’apprendimento non formale cui il programma Erasmus+ punta si realizza, quasi per osmosi, per trasmissione e per creazione condivisa di contenuti; eppure tutto questo è avvenuto. Personalmente sono sempre stata abituata a studiare un libro o ascoltare una lezione in maniera didascalica, secondo una direzione dall’alto verso il basso, seguendo uno schema precostituito. La sorpresa di riuscire ad apprendere in maniera circolare, durante l’attività stessa e contribuendo in prima persona ai contenuti, è stata sorprendente. Si tratta di quel famoso learning by doing che spesso si legge e a cui non si presta troppa attenzione.


E c’è un’altra cosa che mi rimbomba in testa proprio ora che ho concluso quest’esperienza. E’ la mia percezione di essere cittadina europea senza frontiere, la facile consapevolezza con cui ho avuto accesso ad un progetto Leonardo a Malta, all’organizzazione di scambi giovanili in Italia e in altri paesi europei, alla mobilità come operatore culturale che mi ha portato a Sarajevo e a Belgrado. Tutto questo lo davo per scontato. Tutto questo costruisce il mio essere cittadino attivo nel territorio europeo e l’abbattimento delle barriere e dei pregiudizi che, inspiegabilmente e inesorabilmente, ognuno di noi ha dentro si sé in maniera più o meno consapevole. Mentre penso a tutto questo, sorrido considerando che in una baita in montagna tra le foreste di St Andreasberg abbiamo fatto anche questo, abbiamo ragionato sul nostro essere cittadini europei del futuro, e soprattutto lo abbiamo fatto ridendo!

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